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Il 2011 si sta concludendo con notizie abbastanza eclatanti che provengono dal mondo della fisica, e siccome anche noi siamo dei fisici, la cosa non può che rallegrarci. Dieci giorni fa, in un'affollatissima conferenza svoltasi al CERN di Ginevra, sono stati infatti presentati dei risultati preliminari che indicherebbero (il condizionale è d'obbligo) l'esistenza di una serie di ``impronte'' lasciate dal bosone di Higgs nei mega-rivelatori dei due principali esperimenti realizzati sull'acceleratore di particelle LHC, un gigantesco anello sotterraneo lungo circa 27 km. Nonostante la mole dell'apparato sperimentale utilizzato, ricordiamo che queste ricerche hanno a che fare con particelle estremamente piccole, talmente piccole che le nanoparticelle, di cui noi qui nel nostro laboratorio al Museo della Scienza ci occupiamo, appaiono al loro cospetto come dei veri e propri giganti. Se infatti l'unità di misura a cui noi facciamo riferimento è il nanometro, che corrisponde a un miliardesimo di metro, per misurare il raggio dei protoni, ossia delle particelle che vengono accelerate e fatte collidere nell'LHC, occorre fare uso del femtometro (detto anche più semplicemente Fermi, dal nome del grande fisico italiano del secolo scorso), che è ben un milione di volte più piccolo di un nanometro!
Alla guida di tutti i principali esperimenti in corso al CERN, che coinvolgono migliaia di fisici provenienti da tutto il mondo, vi sono dei fisici italiani. Di questo possiamo andare fieri, dato che la selezione di queste persone avviene in base alle capacità, e non certo al passaporto. Questi fisici sono stati protagonisti martedi scorso di un'altra affollatissima conferenza, intitolata ``Lo strano mondo di LHC'', che questa volta si è tenuta proprio nell'auditorium del Museo della Scienza di Milano.
Sull'importanza che avrebbe una definitiva conferma dell'esistenza del bosone di Higgs, finora ipotizzata sulla base di speculazioni puramente teoriche, rimandiamo il lettore interessato ad altri commenti, ben più autorevoli del nostro, che si possono facilmente reperire in rete. A chi invece, più semplicemente, volesse chiederci se questa particella è stata davvero scoperta oppure no, una risposta possiamo comunque provare a darla. Innanzitutto, occorre precisare che il bosone di Higgs ``in persona'' non sarà in ogni caso possibile guardarlo in volto. La sua vita media è infatti talmente breve che, appena nato, subito si disintegra generando altre particelle assai più comuni di lui, come ad esempio i quattro muoni corrispondenti alle tracce rosse presenti nell'immagine (tutte le altre centinaia di tracce bianche e gialle ignoratele pure, sono altri sottoprodotti della collisione di due protoni, che non interessano alla ricerca in questione). Proprio rivelando e analizzando queste particelle, possiamo però sperare di risalire al papà da cui esse sono nate. Il problema è che, ogni qual volta queste particelle vengono osservate, è impossibile stabilire se sono effettivamente figlie di un bosone di Higgs, oppure se sono state prodotte a seguito di altri processi già noti, che col bosone di Higgs non c'entrano nulla. Che si può fare allora per tirare qualche conclusione da questi complicatissimi (e costosissimi) esperimenti?
Speriamo che la serenità del vostro Natale non verrà guastata, se dovrete trascorrerlo con l'assillo di questa inquietante domanda nella vostra mente. La risposta vi sarà svelata alla prossima puntata...